Thursday, January 14, 2021

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JANUARY 28, 2013

PADRE PIO SAID THAT MARTIN LUTHER IS IN HELL AND CHRISTIANS WHO FOLLOW HIM WILL MEET THE SAME END- Fr.Stefano Manelli F.I, founder of the Franciscans of the Immaculate
Padre Pio said that Martin Luther is in Hell and Christians today who follow him will meet the same end.

Those who do not submit themself to the pope and the teachings of the Catholic Church are also going to Hell.


Father Stefano Manelli F.I founder of the Franciscans of the Immaculate writes that Martin Luther who called himself Pope Luther 1and condemned the pope of Rome, as going to Hell, was a great heretic.


Fr.Manelli in Il Settimanale di Padre Pio (Jan.20,2013 p.1) said that Christians today who follow Luther are also on the way to Hell.

Fr.Manelli in the Italian weekly , mentioned that Padre Pio said those Christians who believe they can speak directly with God are also going to Hell.

Luther believed he could speak directly with God. He  was precipitated into Hell said Padre Pio.


Fr.Stefano Manelli in his weekly column Il Pensiero di Padre Pio,Pianeta Padre Pio, wrote that  Padre Pio criticized those Christians who believe they can speak directly to God and receive instructions and do not have to submit to the authority of the pope.

This is also a dangerous road writes Fr.Manelli for Christians who believe they are in communion with God without his Vicar and the Catholic Church. They are mistaken and this is an illusion for them,as it is known, he writes, outside the church there is no salvation.

On this point, Padre Pio, with simple words, which were terrible, said that those who believe they can communicate with God directly, are on the way to Hell.

Luther's end was horrible and frightening, he writes, but this will also be the same history of many Christians and Catholics who believe in the teachings of Luther.They risk also going to Hell like Luther, for not listening to the pope.


We need to understand the words of Jesus, in which he delegated St.Peter and his successors the guarantee of a unique Catholic Faith in the Church.(Lk.22,32).This is the guarantee and confirmation given to the popes which is secure and infallible and no one will be lost to Hell who remains with the pope in the Catholic Church.

'Thou art Peter,' said Jesus, ' and upon this rock I will build my Church,and the gates of Hell will not prevail against it' (Mt.16,18).

Fr.Stefano Manelli, who personally knew the saint, said Padre Pio had kept a picture of the pope on his little working table..So always before him was the message,'After Jesus comes the Pope'.(Dopo Gesù viene il papa).

Even we , suggests Fr.Manelli, should quickly free ourself from everything which is far from the pope and not supporting the pope.Even we should value the motto of Padre Pio, 'After Jesus comes the pope'. -Lionel Andrades
http://eucharistandmission.blogspot.it/search/label/Hell?updated-max=2014-05-17T20:21:00%2B01:00&max-results=20&start=77&by-date=false
https://eucharistandmission.blogspot.com/2017/06/repost-padre-pio-said-that-martin.html
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“Voglio farti vedere il luogo dove Martin Lutero è condannato e la pena che subisce in castigo del suo orgoglio”.


Nel 1883 Suor Maria Serafina Micheli (1849-1911) beatificata il 28 maggio 2011, fondatrice dell’Istituto delle Suore degli Angeli, si trovava a passare per Eisleben, nella Sassonia, città natale di Lutero. Si festeggiava, in quel giorno, il quarto centenario della nascita del grande eretico ( 10 novembre 1483) che spaccò l’Europa e la Chiesa in due, perciò le strade erano affollate, i balconi imbandierati. Tra le numerose autorità presenti si aspettava, da un momento all’altro, anche l’arrivo dell’imperatore Guglielmo I, che avrebbe presieduto alle solenni celebrazioni.

La futura beata, pur notando il grande trambusto non era interessata a sapere il perché di quell’insolita animazione, l’unico suo desiderio era quello di cercare una chiesa e pregare per poter fare una visita a Gesù Sacramentato. Dopo aver camminato per diverso tempo, finalmente, ne trovò una, ma le porte erano chiuse. Si inginocchiò ugualmente sui gradini …

… d’accesso, per fare le sue orazioni. Essendo di sera, non s’era accorta che non era una chiesa cattolica, ma protestante. Mentre pregava le comparve l’angelo custode, che le disse: “ Alzati, perché questo è un tempio protestante”.


Poi le soggiunse: “Ma io voglio farti vedere il luogo dove Martin Lutero è condannato e la pena che subisce in castigo del suo orgoglio”.

Dopo queste parole vide un’orribile voragine di fuoco, in cui venivano crudelmente tormentate un incalcolabile numero di anime. Nel fondo di questa voragine v’era un uomo, Martin Lutero, che si distingueva dagli altri: era circondato da demoni che lo costringevano a stare in ginocchio e tutti, muniti di martelli, si sforzavano, ma invano, di conficcargli nella testa un grosso chiodo.

La suora pensava: se il popolo in festa vedesse questa scena drammatica, certamente non tributerebbe onori, ricordi, commemorazioni e festeggiamenti per un tale personaggio.


In seguito, quando le si presentava l’occasione ricordava alle sue consorelle di vivere nell’umiltà e nel nascondimento. Era convinta che Martin Lutero fosse punito nell’Inferno soprattutto per il primo peccato capitale, la superbia.

L’orgoglio lo fece cadere nel peccato capitale, lo condusse all’aperta ribellione contro la Chiesa Cattolica Romana. La sua condotta, il suo atteggiamento nei riguardi della Chiesa e la sua predicazione furono determinanti per traviare e portare tante anime superficiali ed incaute all’eterna rovina.

Se vogliamo evitare l’Inferno viviamo nell’umiltà. Accettiamo di non essere considerati, valutati e stimati da quelli che ci conoscono. Non lamentiamoci, quando veniamo trascurati o siamo posposti ad altri che pensiamo siano meno degni di noi. Non critichiamo mai, per nessun motivo, l’operato di coloro che ci circondano. Se giudicheremo gli altri, non siamo neppure cristiani.

Se giudichiamo gli altri, non siamo neppure noi stessi. Confidiamo sempre nella grazia di Dio e non in noi stessi. Non preoccupiamoci eccessivamente della nostra fragilità, ma del nostro orgoglio e presunzione. Diciamo spesso col salmista: “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze” (Salm. 130).

Offriamo a Dio il nostro “nulla”: le incapacità, le difficoltà, gli scoraggiamenti, le delusioni, le incomprensioni, le tentazioni, le cadute e le amarezze di ogni giorno.

Riconosciamoci peccatori, bisognosi della sua misericordia. Gesù, proprio perché siamo peccatori ci chiede solo di aprire il nostro cuore e di lasciarsi amare da Lui. E’ questa l’esperienza di San paolo: “La mia potenza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza. Mi vanterò, quindi, ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo” (2 Cor. 12,9). Non ostacoliamo l’amore di Dio nei nostri riguardi col peccato o con l’indifferenza. Diamogli sempre più spazio nella nostra vita, a vivere in piena comunione con Lui nel tempo e nell’eternità.

Don Marcello Stanzione

fonte: www.miliziadisanmichelearcangelo.org

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Clotilde Micheli - Già da piccola ebbe la prima apparizione: le apparve il suo Angelo Custode che le portava l’invito della Madonna a consacrarle la sua verginità. Nel 1858 ricevette la Prima Comunione e da quel momento, la sua vita era tutta dedicata alla preghiera, tanto che trascorreva gran parte delle ore notturne inginocchiata e in adorazione. La madre fu la sua grande maestra di virtù e la nostra Clotilde, che nel frattempo era divenuta una bella ragazza, crebbe con sani e sentiti ideali. Fu proprio mentre era raccolta in adorazione nella chiesa di Imer che le apparve la Madonna Immacolata tra una moltitudine di Angeli che le fece la rivelazione che caratterizzò tutta la sua vita: era il 2 agosto del 1867, non aveva ancora compiuto i 18 anni, ma già sentiva fortemente di dover realizzare ciò che Maria, per volere di Gesù, le aveva manifestato, quello di fondare un nuovo ordine religioso che avesse come scopo fondamentale l’adorazione della Trinità e di avere come modelli di orazione e di dedizione la Madonna e gli Angeli.

Fu così che si recò a Venezia, esortata da una sua conoscente, per chiedere un consiglio spirituale a monsignor Agostini, in seguito cardinale e patriarca di Venezia; questi le consigliò di iniziare a redigere la Regola di questo nuovo ordine, così da iniziare a trarne la giusta ispirazione. Ma Clotilde, forse presa da timore per non considerarsi all’altezza del compito assegnatole dalla Vergine, tornò afflitta ad Imer senza scrivere nulla. Dopo poco si trasferì da sola a Padova, presso il sacerdote don Angelo Piacentini al quale, confidando i suoi dubbi, chiese illuminazione e meditò sulla sua eventuale vocazione. Presso questo sacerdote rimarrà per nove anni, fino al 1876. Nel 1878, Clotilde si accorse che in paese le stavano preparando, a sua insaputa, un matrimonio con un giovane del luogo e così lasciò il bellunese per fuggire nel comune tedesco di Epfendorf, nel distretto di Friburgo, dove i genitori si erano intanto trasferiti per motivi di lavoro. Rimase in Germania fino al 1885, operando come infermiera presso il locale nosocomio, gestito dalle Suore Elisabettine. Qui Clotilde si distinse molto per il suo carisma e per la sua grande abnegazione verso gli ammalati e i più bisognosi. La permanenza in Germania fu, però segnata dalla morte di entrambi i genitori: la madre nel 1883, dopo molti anni di immobilità a letto, e il padre nel 1885. Decise allora di ritornare ad Imer dove, però, rimase solo per un paio d’anni, per lanciarsi alla ricerca della sua ispirazione e del suo progetto. Infatti, insieme alla nipote Giuditta, nel maggio del 1887, decise di intraprendere un pellegrinaggio a piedi verso Roma, facendo tappa presso vari santuari dedicati alla Madonna: in questo modo, infatti, Clotilde sperava in un ulteriore segno dal Cielo e, contemporaneamente, testava la sua forza di volontà nell’idea di fondare il nuovo istituto che non aveva mai abbandonato.

Dopo quasi tre mesi di viaggio, giunsero nella città del papa e chiesero accoglienza presso le Suore di Carità Figlie dell’Immacolata (conosciute come le Suore Immacolatine), da poco fondate ad opera di suor Maria Fabiano che era la superiora generale dell’allora nascente Istituto e che la persuase ad accettare l’abito della sua Congregazione. Presso l’ordine romano, Clotilde prese il velo e il nome di Suor Maria Annunziata dove rimase fino al 1891 gestendo l’asilo e ricoprendo anche l’incarico di madre superiora del convento nel paesino di Sgurgola, in diocesi di Anagni. Durante il suo pellegrinaggio verso Roma, ad Assisi, Clotilde aveva conosciuto il francescano padre Francesco Fusco da Trani che nel periodo in cui ella viveva a Sgurgola, le inviò una lettera in cui la convinse a lasciare l’Ordine delle Immacolatine, invitandola ad Alife, presso il vescovo Antonio Scotti che, come lei, aveva intenzione di realizzare un nuovo ordine. Trovandosi in zona, si spostò a Caserta, presso una famiglia che le diede sostegno materiale e spirituale, fissando la propria dimora in Casolla, una frazione di Caserta, insieme ad altre due giovinette. Fu quindi il vescovo casertano Enrico De Rossi dei principi di Castelpetroso che autorizzò la vestizione religiosa e la consacrazione delle prime cinque “Suore degli Angeli” che ebbero come prima sede, un edificio nella frazione di Briano dove, ancor oggi, vi è una Casa della Congregazione. Insieme all’ormai quarantaduenne Clotilde Micheli e un’altra giovane, Filomena Scaringi (suor Maria Caterina). Era il 28 giugno 1891 e come padre spirituale del novello ordine fu scelto proprio padre Francesco Fusco: era finalmente nato l’ordine delle Suore degli Angeli Adoratrici della Santissima Trinità. L’anno dopo, un primo nucleo di suore fu inviato a Santa Maria Capua Vetere a gestire l’Orfanotrofio “Lucarelli” che fu anche la prima Casa dell’Istituto. Fu in questo periodo che le Suore degli Angeli iniziarono a far conoscere la loro missione tra il popolo, dedicandosi, in maniera particolare, al servizio dei più poveri, dei bambini orfani e della gioventù abbandonata.

A partire dal 1895, però, madre Serafina si ammalò gravemente e, inizialmente, non aveva intenzione di sottoporsi alle dovute cure mediche. Intanto le Suore degli Angeli iniziarono a farsi conoscere in zona con le loro opere e il loro servizio e iniziarono ad aumentare di numero, accogliendo sempre più fanciulle. E’ proprio in questo periodo che accadde un avvenimento importante della vita di Madre Serafina e che è riportato anche agli atti del processo di beatificazione. Mentre si trovava a Sommana di Caserta Vecchia per un periodo di riposo che le era stato prescritto, arrivò nel giardino del convento un giovane seminarista indemoniato che chiedeva proprio di lei; le altre suore, per non farla affaticare, gli dissero che non c’era, ma il giovane, accortosi della bugia, iniziò ad inveire contro le suore con una voce disumana, quasi come se provenisse dalla gola di una bestia. Madre Serafina, allora, gli si avvicinò e gli ordinò di tacere, poi prese ad ascoltarlo e con preghiere e croci fatte con l’acqua santa, riuscì ad effettuare l’esorcismo. La forza demoniaca presente nel giovane urlava: «Maledetta sei tu…» e quando la suora gli chiese quanti fossero, la stessa voce infernale rispose: « Siamo sette!». Nel giugno del 1899 fu aperta la casa di Faicchio, che in seguito diventerà l’Istituto di formazione della Congregazione.

Qui morì il 24 marzo del 1911, consumata dalle sofferenze fisiche e qui si trova ancora oggi la sua tomba: qualche mese prima, mentre era già gravemente ammalata, le apparve in sogno la madre che le disse che non sarebbe arrivata alla festa dell’Annunciazione. Come succede spesso per la maggior parte dei fondatori di nuovi ordini, Madre Serafina dovette soffrire molte critiche e vari contrasti che spesso provenivano dall’interno della stessa Congregazione, ma ella riuscì sempre a far comprendere a tutti il giusto verso delle cose e a fondare, solo nel nostro Sannio, ben 15 Case di Missione in cui accolse ragazze orfane con i laboratori di ricamo, taglio e cucito (le altre Case delle prime 15 fondate da Madre Serafina ricordiamo, oltre a quella di Alife, anche quella di Limosano, nel Molise).

Fonte:
www.recuperanti.it/txt/serafina_2.pdf

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